# GH0004
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Fin da bambini abbiamo imparato o meglio avremmo dovuto imparare, a sviluppare una delle facoltà di giudizio apparentemente più semplici e ad emettere con sufficiente sicurezza la sentenza: « Mi piace - Non mi piace ».
Ben altre difficoltà comporta esprimere un giudizio di “ bello – non bello ” per le implicazioni di ordine estetico-filosofico-culturali insite nella valutazione del “bello” come “intrinseco-oggettivo-soggettivo.”
L’empatia è un’altra facoltà primordiale ereditata alla nascita ma quante persone possono dichiarare di averla nutrita abbastanza da svilupparla fino a “ viverla pienamente” nei rapporti quotidiani?
Dell’esattezza o meno di un nostro giudizio empatico si può trovare conferma solo nella sincerità di chi abbiamo davanti o un flebile riscontro nel suo comportamento reale (non filtrato da una nostra interpretazione). Se l’empatia non è matematica, se le conclusioni non sono certe, se può lasciare dubbi o procurarne nuovi, si può affermare che serva a qualcosa? Il ‘quanto serve’ è direttamente proporzionale a due fattori:
1. quanto ci interessa sviluppare e arricchire le nostre capacità di interrelazione nei rapporti interpersonali.
2. quanto ci interessano ‘gli altri’
Per saperne di più, per utilizzare le immagini come esercizio e dare una mano agli ‘”altri” lavorando su se stessi, percorrete il sentiero verso il faro, salite sulla barca e seguitemi.
Se preferite semplicemente navigare nel mare dei colori, siete e sarete comunque benvenuti.
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immagine, arte, creatività, fantasia, sentimenti, emozioni, atteggiamento, empatia...
I Vostri Interventi
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Se Baumgarten instaura i primi rapporti intellettivi con il mondo della bellezza estetica, è pur vero che un mutamento epistemologico essenziale interverrà quando l’immagine sarà promossa al rango di entità rappresentativa autonoma e primaria, e le verrà conferita, in gradi diversi, una funzione dinamizzante e generatrice sia per le rappresentazioni sensibili sia per quelle intelligibili. Questa «rivoluzione copernicana» delle rappresentazioni, messa più volte in cantiere, per esempio durante il Rinascimento con le dottrine dell’immaginazione creatrice, trova la sua prima espressione strutturale nella teoria dell’immaginazione trascendentale ad opera di Kant, che, appunto, assegna all’immagine uno statuto trascendentale situandola nel cuore delle operazioni intellettuali. È con la Critica del Giudizio, datata 1790, che Immanuel Kant, insoddisfatto delle tesi proposte dal Baugmarten e da buona parte del razionalismo tedesco (ma anche dall’empirismo britannico, che vede in David Hume la forma più radicalizzata), ribalta e chiarisce la posizione dell’immagine. Il trascendentalismo dell’immagine attinge con Kant a due esiti concorrenziali: il primo è la teoria dello schematismo percettivo, il secondo la teoria della simbolizzazione analogica all’interno della riflessione dell’Assoluto. Nel primo caso, secondo Kant, prima che un contenuto appaia attraverso i sensi, preesistono, nella facoltà rappresentativa, dei modi di appercezione che consentono di strutturare il fatto fenomenico. La struttura figurativa del soggetto predetermina così il mondo sensibile, che non può essere mondo se non a patto di sottomettersi, negli atti intellettuali della conoscenza, all’ordine prestabilito di una funzione immaginativa. Per cui la percezione è appunto una costruzione alla quale contribuiscono delle immagini, immagini che a loro volta costringono l’intelletto a rinunciare ad applicare direttamente i suoi concetti alle intuizioni empiriche.
«Questo schematismo del nostro intelletto […] è un’arte nascosta nelle profondità dell’anima umana: difficilmente impareremo mai dalla natura le vere scaltrezze di quest’arte, in modo da poterle presentare senza veli» [Kant, Critica della ragion pura, I, II, I, Adelphi, Milano 1976, p. 221]
Con tale prospettiva, la matrice rappresentativa che prefigura l’intuizione empirica può assomigliare a un «monogramma», che non comprende ancora, a titolo di immagini, determinazioni empiriche particolari. Lo schema, perciò, non corrisponde tanto ad un originale, da esemplare per l’oggetto, ma si rifà piuttosto ad una sorta di prototipo generico, una base dalle molteplici applicazioni concrete. L’immaginazione, a tal punto, diviene così un mero supporto dell’intelletto, un punto di appoggio nella sintesi trascendentale, nella quale, il processo cognitivo ha però, in un certo senso, privato l’immagine della sua vitalità e generatività a beneficio di una funzione più logistica. Dopo essere intervenuta, tramite lo schematismo, nella costituzione della conoscenza oggettiva del mondo offerto ai sensi, con la seconda teoria della simbolizzazione analogica l’immaginazione apre le porte all’Assoluto fornendogli un contenuto nuovo: rappresentazioni analogiche che trascendono il quadro dell’esperienza empirica. In breve, le immagini, dando un contenuto figurativo a ciò che sfugge all’esperienza dei sensi, permettono che si alimenti un pensiero che non coglie contenuti determinanti, paradigmatici, ma esprime invece contenuti che per lo meno danno la possibilità di tradurre ciò che possiamo dimostrare con un senso univoco. Quindi, l’immagine pur riducendosi dal lato della percezione ad una funzione più logica che figurativa, prende tuttavia posto nel pensiero del soprasensibile, che assicura la formazione di contenuti astratti dove i concetti non sempre riescono ad attingere. Il successo delle teorie di Kant si dimostra nella facoltà (del processo di schematizzazione e di simbolizzazione dell’immagine) di avviare un meccanismo di «condensazione particolare», una «“intensificazione” dell’intuizione sensibile», che agisce come una sintesi qualitativa dell’esperienza, atta ad integrare il particolare con il generale e quindi in una identità.
E sono, quest’ultime parole di Cassirer[1] che, sulla scorta del trascendentalismo, assicurano forse l’approfondimento kantiano più originale. Ernst Cassirer mette in particolare evidenza le simbolizzazioni operanti nel mito, nell’arte e nel linguaggio, che sono altrettante vie espressivo-culturali di una messa in scena del mondo. «Sotto questo punto di vista, il mito, l’arte e così il linguaggio e la conoscenza divengono simboli: non già nel senso che essi designino sotto forma di immagine, di allegoria che allude e che spiega una realtà precedentemente data, bensì nel senso che ciascuna di queste forme crea e fa emergere da se stessa un suo proprio mondo di significato. In esse si manifesta l’autospiegamento dello spirito: e soltanto per mezzo di esse sussiste per lui una “realtà”, un essere determinato, organico. Non imitazioni di questa realtà, ma organi di essa, sono ora le singole forme simboliche, in quanto solo per mezzo loro il reale può essere assunto a oggetto della visione spirituale e quindi come tale divenire visibile». Attraverso codeste «forme della ostensibilità», codesti atti di «ideazione simbolica», l’uomo interpone originalmente, tra sé e il mondo, forme che faranno da tramite ad un certo numero di varianti della totalità dell’esperienza, che già contribuiscono a darle un senso. Sotto questo aspetto, la rappresentazione per immagini non si rifà più a una forma pura e si comporta davvero come mediatrice di senso, nella veste di una “pregnanza simbolica” dell’esperienza prima. Ecco perché, dunque, la coscienza simbolica si rivela particolarmente presente e operante nella coscienza religiosa, che rappresenta il primo modo di «apprensione» (Kant) della realtà. Le rappresentazioni astratte della scienza o della filosofia si presentano se mai come un superamento di questa prima struttura simbolica, una sorta di trattamento analitico per esteso di ciò che era stato trattato, nell’esperienza religiosa, in modo sintetico e concentrato. Con tali assunzioni possiamo iniziare a comprendere come l’immagine asservisce il dibattito principale dell’Estetica, lavorando dal primo giorno di nascita alla sostanza della rappresentazione e dell’immaginazione attraverso il «sensibile». Tali tematiche costringeranno la filosofia a rivisitare e correggere in visione dell’arte le appropriazioni ontologiche sul filo della «somiglianza», argomento che estenderà le discussioni filosofiche spingendosi fino alla piena assegnazione dell’autonomia da parte dell’immagine.
Bruno R.
[1] E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, I. Fenomenologia della conoscenza, La Nuova Italia, Firenze 1966
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2 Luglio 2007
Immagine-Immaginazione e Sartre
di Michele
Il lavoro sulla trascendenza La Transcendance de l’Ego, pubblicato nel 1936 costituisce lo sfondo necessario alla piena comprensione del pensiero di Sartre, e in particolare, delle questioni dell’immagine e dell’emozione.
Proprio all’immagine il filosofo dedica due importanti lavori: Imagination (1936) e Imaginaire (1940).
Il primo testo è dato alle stampe nel 1936, ma Sartre lo presenta già nel 1926 come tesi per conseguire il diploma all’Ecole Normale Superieure. L’elaborazione dello scritto avviene sotto la direzione di Henry Delacroix (1873-1937), allievo di Victor Brochard (1848-1907), ed era considerato, in quegli anni, uno dei massimi pensatori francesi. Già egli, prima del suo allievo, aveva avviato una riconsiderazione della questione sull’immagine, che partiva dalla convinzione di dover spogliare l’immagine del suo contenuto sensibile. Una posizione questa, che venne in seguito ripresa da Sartre, nell’ottica di una prospettiva fenomenologica, proprio su invito dello stesso Delacroix, che negli anni Trenta aveva fondato la collana Nouvelle Encyclopedie Philosophique per la casa editrice Alcan, e aveva suggerito al giovane allievo di riprendere il materiale della tesi sull’immaginazione e di pubblicarlo sulla rivista. In realtà però solo una parte dell’elaborato venne data alle stampe nel 1936, quella cioè, che si occupava criticamente delle diverse teorie sull’immagine, mentre il resto fu pubblicato nel 1940 in un altro lavoro, con il titolo di Imaginaire. La questione dell’immagine viene affrontata in Imagination, che appare come una sorta di osservatorio dei risultati degli studi psicologici influenzati dal positivismo, e delle influenze che su di essi avevano avuto i grandi sistemi metafisici del passato. I risultati di queste ricerche erano stati raggiunti senza mai mettere in dubbio un postulato fondamentale, che l’immagine fosse una copia delle cose. Il giovane filosofo era invece interessato a lavorare su questo postulato sotto una spinta nuova, quella della fenomenologia, che aveva conosciuto a Berlino tra il 1933 e il 1934, e proprio da questo studio aveva maturato la convinzione che fosse possibile un ripensamento del concetto di immagine. Imagination rappresenta un intreccio storico e filosofico delle teorie che in quegli anni si costruivano attorno alla questione dell’immagine, e che così com’erano, non potevano sciogliere il nodo che avrebbe portato a far chiarezza sulla distinzione tra immagine e percezione, l’ostacolo che non permetteva di scoprire la vera natura dell’immagine. Il compito di Sartre in questo lavoro è proprio quello di passare in rassegna tutte le teorie più importanti, e dimostrare come queste poi, partendo da strade diverse si fermino sempre allo stesso ostacolo, al contenuto sensibile dell’immagine, senza mai procedere oltre. Se l’immagine era una copia delle cose, e dunque cosa essa stessa, non si capiva come essa potesse essere simile per natura alla percezione, se ad un certo punto bisognava dimostrare, per necessità di ragionamento, che esisteva una differenza tra i due concetti. La soluzione per la maggior parte dei casi si risolveva ad una questione di intensità di contenuti, ma la vera origine della immagine restava comunque sempre da scoprire, in quanto ad essa si applicavano quelle leggi metafisiche che pretendevano di regolare a priori gli effetti dell’immagine nel mondo fisico. Le ricerche compiute durante gli anni berlinesi aiuteranno il filosofo a disfarsi della psicologia positivista e di quella che Sartre riteneva la metafisica “ingenua”. Partendo dalla critica ai maggiori psicologi e pensatori del suo tempo, il filosofo analizzerà le diverse posizioni e rileverà quelli che, secondo lui, erano stati i difetti metodologici che avevano ostacolato il buon fine delle ricerche.
La realizzazione di una psicologia fenomenologica dell’immagine, che verrà poi esplicitata in Imaginaire, sembra avere il compito di mostrare, attraverso l’attività intenzionale della coscienza che il filosofo eredita da Edmund Husserl, cosa accade quando si immagina: durante l’atto stesso di immaginare, all’interno della coscienza, non interviene nessuna modifica. Non c’è nessun Io che la personalizza, cioè che identifica quella immagine come appartenente al soggetto che la sta pensando, ma, come concluderà il filosofo in Imagination, si evidenzia una caratteristica importante per la coscienza, la sua spontaneità. Una coscienza che immagina lo fa spontaneamente, una coscienza empirica invece non sembra mostrare questa particolarità. Un risultato, che per Sartre, non era stato possibile osservare attraverso i risultati della psicologia sperimentale, a causa evidentemente del metodo utilizzato per la comprensione della natura dell’immagine. L’analisi di queste osservazioni doveva proseguire con lo studio della coscienza immaginativa, in particolare nel lavoro del 1940, soffermandosi sul momento in cui la coscienza si getta nel mondo, superando se stessa, e scoprendo così l’unico modo per essa di cogliere il mondo. Alcuni studiosi, come Gilbert Durand, accusarono Sartre di essersi certamente imbattuto in una nuova analisi dell’immaginazione, ma di non aver mantenuto la promessa iniziale, cioè di rivelarne la natura coscienziale. In realtà leggendo le ultime pagine di Imagination, pubblicato nel 1936, Sartre arriva alla conclusione che l’immagine è un 'certo tipo di coscienza'
''la théorie que Sartre développe dans l’Imaginaire n’a rien à voir avec les formalisations de la Gestalt en vigueur à l’époque et ne partage pas non plus les positions de Bachelard. Elle constitue tout d’abord une prise de position à l’encontre des thèses empiristes et associationnistes et obéiet à la pensée deHusserl ''. (S.Vassallo, Sartre et Lacan. Le verbe etre entre concept et fantasme, L’Harmattan, Paris 2003).
Forse doveva essere davvero così visto che, per Gaston Bachelard contemporaneo di Sartre, insegnante di Fisica nei collegi e successivamente studioso di Storia e Filosofia della Scienza, più che di immaginazione, sarebbe stato più appropriato parlare di poetica dell’immaginazione: se è vero che l’uomo è un corpo, l’immagine è all’origine dell’esperienza umana, infatti, ''mentre nell’animale l’istinto si traduce in azioni e comportamenti, nell’uomo si trasforma in immagine''
Michele
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Un saluto agli amici di Clear Nuance. Giacomo T.
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[1]M. Perniola, Contro la comunicazione, Einaudi, Torino 2004, in copertina.
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Il termine «immagine» deriva il suo vocabolario sia dalla lingua greca sia dalla lingua latina, che rimanda a sua volta a radici indoeuropee. Dal punto di vista dei sostantivi, troviamo innanzi tutto il lemma eikon (icona), nel senso di immagine, rappresentazione, dalla radice di weik-, che esprime l’idea di somiglianza. Nella lingua greca, da Omero in poi, eikon discende da un orizzonte di esperienze di tipo ottico e che si basano su una rappresentazione che si offre alla vista, strettamente connessa alla riproduzione verosimile di una realtà. Da eikon derivano un serie di termini che ne ampliano e rinfrescano i contenuti e che ne congiungono i significati con il concetto di idea, tanto a cuore ai dialoghi di Platone. Stiamo parlando dei derivati eidos e eidolon che più propriamente di eikon si riferiscono a rappresentazioni mentali oggetto di manifestazioni, apparizioni. Questo direttamente dalla radice eidos che significa «aspetto, forma» e che con eidolon si appropria di una nuova componente irreale, associata spesso all’idea di menzogna, «visione», semanticamente vicina a phantasma che di suo significa «far brillare» (dal verbo phaino). Nel latino i termini che si riferiscono all’immagine sono altrettanto vari e diversi di origine e formazione ma con in comune gli stessi intrecci semantici. Si parte con imago, di incerta etimologia, che sembra racchiudere in sé buona parte dei significati della parola «immagine». Ad imago sono spesso associati anche forma (“cornice-supporto” rigido in grado di accogliere una materia grezza) e figura (materia lavorata, con possibilità di modellamento). Rispetto al greco il latino mantiene un vocabolario poco sistematico: «Immagine, metafora, allegoria, enigma sono praticamente tutti ricondotti al procedimento più comune che consiste nel dire una cosa per significarne un’altra». E, di fatto, i termini fabula, fictio, figmentum, significatio, similitudo, figura, sono sotto molti aspetti sinonimi. Dal punto di vista delle nuove lingue latine da noi utilizzate è perciò la parola imago ad avere maggior credito nell’utilizzo del concetto di «immagine», grazie alla sua capacità di cogliere con “un sol colpo d’occhio” gli usi più prettamente specifici dei termini greci eikon (icona), eidolon (idolo), phantasma (fantasma). Il termine immagine, quindi, nella sua derivazione latina, è fin dall’antichità usato per definire molteplici espressioni conservando fin d’oggi quella caratteristica di genericità che tutt’ora la contraddistingue e che ancora mette in crisi i facili pensatori. A noi piace ricordare come pochi anni fa Jean-Jacques Wunenberger, nel suo Filosofia dell’immagine, mettendosi a rischio con una definizione - anticipandone però la cautela al suo impiego -, preferisce chiamare convenzionalmente immagine «una rappresentazione concreta, sensibile (a titolo di riproduzione o copia) di un oggetto (modello referente), materiale (una sedia) o concettuale (un numero astratto), presente o assente dal punto di vista percettivo, e che intrattiene un tale legame col suo referente da poterlo rappresentare a tutti gli effetti e consentirne così il riconoscimento e l’identificazione tramite il pensiero». Ci teniamo a precisare che tale definizione è assolutamente erronea perché, come lo stesso autore suggerisce, rischia di «suscitare una fiducia eccessiva e prematura nell’unità della categoria che ha nome immagine», ma aiuta a postulare le inclinazioni a cui l’immagine ha preso parte per molto tempo, almeno per tutta l’epoca moderna.
Un saluto da Mauro PPubblicato da Miriam alle 00:02 0 commenti
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Pagina Personale di
Mi ritorni in mente
Immag GH009 ripubblicata 21/06/08
18/04/09
15/04/09
dopo la pioggia c'è sempre il sereno e tutto si veste come di nuovo...
15 Aprile 2008
Caro,caro otto, il mio orsetto compagno dei miei sogni più colorati, il mio amico che sa ascoltare e leggere oltre le parole, l'amico che dà senza chiedere ora riposa..Ascolta, perchè quello che da te ho imparato sarà rinforzo per essere, ancora, otto l'orsetto della nanna!..Sai,capita a tutti di sentirsi, a volte , fragili, come acchiappati dal vento per poi sentirsri trasportare un po' di qua un po' di là, quasi senza peso , capita...c'era un bambino che amava viaggiare, incontrare persone di altri Paesi, conoscere, vedere, ascoltare..un giorno si ammalò, sai, capita, così come ora per te, niente di grave ma, egli si convinse che non avrebbe più viaggiato e più questa idea si infilava in testa, più il suo mondo perdeva colore e diventava grigio!..Si, grigio, una miscela di colori:rosso, verde,giallo,azzurro, viola, una confusione di colori, grigio!..Grigio erano il mare, il cielo, il sole, la luce, le stelle,l e montagne, i prati, i fiori..grigi i sogni e tanta tristezza..quel mondo mai aveva visto!! Il suo mondo,grigio! Mai più avrebbe potuto viaggiare!! Si chiuse nella sua stanza e stava buttato sul suo lettino, sai, proprio come fai tu, ora...ogni giorno i suoi amici buttavano lo sguardo al di là di quella porta,l a porta della sua stanza, tutti lasciavano qulcosa, tutti credevano in lui e aspettavano...Gioia, la bambina dagli occhi blu, gli stava vicino buttata ai piedi del letto e parlava, parlava proprio tanto!! Un giorno appese, con un filo, alla finestra tante gocce di vetro, i raggi di sole vollero subito giocare e, sulla parete della stanza disegnò un arcobaleno, poi ancora uno, ancora...il bambino aprì gli occhi, la stanza prendeva colore, il bambino cercò di scivolare dal letto per mettersi in piedi, provò a camminare, due tre tanti passi, le gambe erano già più forti, le mani afferrarono l'arcobaleno e via...fuori....Correva per la stradina che portava al mare stringendo forte a se l'arcobaleno. Il mare era lì davanti, le onde alte toccavano quasi il cielo, il bambino aprì la sua mano e dall'arcobaleno prese il blu, il viola e con rabbia, urlando, gettò al mare i suoi colori e la sua rabbia..anche il cielo si avvicinò all'acqua, anche il cielo riprese colore..il bambino correva e il marrone andava a fermarsi sulle montagne, il rosso, il giallo sui fiori, il bianco sui gabbiani...il mondo prendeva colore!! Il bambino sorrideva, aveva capito che poteva ancora viaggiare!!!...Adesso, Otto il mio orsetto, adesso racconta tu....Mi ritorni in mente
Stelle - imm. pubblicata 26.07.07
27 Luglio 2007
**C'era una volta***no nooo!*Ma che dico!! C'è ancora***si**si**basta un attimo***basta chiudere gli occhi eeee**c'è**è ancora lì***una cascata di stelle!***MA che dico,di stelle?**Si..si,ma..appartiene...un attimo...a..appartiene a un..come si chiama!!.. Un.. si, si..un glob..no..blob...forse..è un blog..ma speciale..non se ne era mai visto uno simile!!!..Era ed è, ancora, un blog incantato..ma ritorniamo a un po' prima di allora e cioè a quando, in quel globo la vita sembrava scorrere serena, ma mai ci si fermava ad ascoltare o a guardare dentro le cose..il tempo non bastava!! Fin da bambini si veniva educati così..era così e basta!..IL sole era lì, ma nessuno alzava lo sguardo a guardare, dopo la pioggia arrivava l'arcobaleno con i suoi colori, ma nessuna stava a chiedere il perchè.."emozione"non veniva recitata dal vocabolario!! Si viveva così, ma un giorno....brutto? Non saprei dire..il sole decise di dormire un po' di più...eee....che scompiglio! "ahi","scusa","ohi", Perdonami, ti ho fatto male?"..Per la prima volta si prestava attenzione all'altro..tutto, intorno, era buio..non ci si vedeva al di là del proprio naso, ma c'era, dentro, una fievole luce che dava quel senso di tepore..arrivò, per la prima volta, l'emozione che venne subito acchiappata e conservata sul vocabolario per non dimenticare...e lo sguardo di tutti si volse allora verso l'alto, verso colui che, nel dormire non regalava più nè albe e tramonti. Fu proprio allora che un bimbo con il suo cagnolino incominciò a percorrere la stradina che portava alla cascata di stelle e ,come presi per mano, tutti tutti si trovarono vicini come mai avvolti dalla stessa luce...Stelle, stelle, stelle marine, alpine, piccole, grandi, brilli, sotto, sopra..poi, come per magia...una di loro si avvicina di più, di più e prende lentamente forma...Lì, davanti a tutte e tutti...il mago..alto,con la sua luce immensa..disegnò per terra:un giardino, una porticina di legno aperta e lì un faro, il mare, una barchetta con la sua vela...Via!!! Si gioca, tutti insieme...Si salta dentro, ognuno con se stesso e con gli altri.."porto l'emozione","La voglia di ascoltare","La voglia di vedere oltre"... vorrei che venisse il cagnolino, il gattino...e tutti volsero lo sguardo al "grande mago "che, con una sola immagine aveva dato "una piccola grande emozione" Ancora una volta aveva saputo dare, silenziosamente, una luce speciale...e il glob?...E' diventato blog...Grazie,Mago della cascata di stelle!!!
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(non comprende eventuali immagini già pubblicate in 'le vostre cartoline')
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§ Autore: Malias - 07/12//07 - Rif immag #GH0099
Mando un' immagine che , a mio avviso, si ricollega al discorso delle percezioni e delle deformazioni interiori che una data situazione, climatica o di latitudine ambientale o emozionale, produce in noi. Guardando l' immagine ho pensato: "Mah, un' immagine riflessa dentro una sfera, un uomo vecchio allontana da sè lo specchio sferico su cui si riflette la sua stessa immagine e guarda se stesso....Penso che scavando dentro quel riflesso ci sia molto di più di un semplice vecchio, c' è tutto l' ambiente dove vive , una stanza piena di eventi trascorsi, ricordi passati e presenti....Ma cosa starà pensando l' uomo mentre guarda la sua immagine riflessa in quella sfera? La sua espressione è cupa e il tutto è avvolto in un chiaro-scuro grigio.Anche lui come tanti di noi , forse si sta preparando ad addobbare un albero natalizio sintetico senza anima e senza vita? Forse riguarda attraverso quella sfera la sua vita trascorsa, i suoi rimpianti, il tempo perso dietro cose inutili ed effimere, le persone che non ci sono più, le persone che ha amato nella sua vita, il peso degli anni , la vecchiaia che allontana e spaventa chi lo circonda e aumenta il suo vuoto e la sua solitudine....O forse è invece un uomo che riguarda la sua immagine piena di rughe ma felice della sua vecchiaia perchè ha dentro di sè un cuore giovane come quello di un lattante perchè ha dato nella sua vita tanto amore agli altri , dimenticando spesso se stesso!?Percezioni , sensazioni, emozioni, intuizioni, condizionamenti e chi più ne ha ne metta, quando guardiamo un' immagine o quando guardiamo noi stessi o quando viviamo una tappa della nostra vita!Io, se scruto dentro me stessa in un dato momento , vedo l' aspetto grigio-invernale , vedo il vuoto e la solitudine del vecchio, spenta dentro le rughe dell' anima, se invece mi guardo in un altro momento vedo un aspetto totalmente differente: solare e luminoso come una giornata di piena estate con le sfumature calde del sole e i blu-cobalto del mare!Perciò nei momenti bui tento di non dimenticare che niente è per sempre e che il sole può (ri)sorgere, nonostante tutto e avere il sopravvento sul mio cielo grigio e cupo. Ciao mister G!
Malias
***
§ Autore: M. - 13/09/07 - Rif immag # GH0047
a proposito della rabbia e dei sentimenti che ancora scuotono i miei muscoli , i tendini, il cervello....Ora tento di prendere le distanze dalla rabbia, tento di guardarla da un' altra prospettiva, tento con molta fatica di non ascoltare i formicolii che stringono i muscoli delle mie gambe, le sento deboli ma sono per fortuna seduta concentrata a scrivere per allontanare e ignorare la bestia che continua a scavare tunnel bui e impenetrabili dentro di me senza pietà, ancora tento e forse riuscirò a sconfiggere la bestia e buttarla fuori da me, non voglio rimanere prigioniera nella gabbia della rabbia!
Sono ancora qui, la bestia si diverte e ancora non lascia i miei muscoli, i tendini sembrano corde di violino, ma posso prenderla in giro, posso riderle in faccia come un pagliaccio, sto seduta e la guardo gelidamente, come si guarda in fondo alle rotaie di un treno che si allontana sempre più, col suo carico di dolore e delusione, fino a scomparire e dimenticare anche la sua sagoma e i suoi colori.
Devo solo aspettare, devo riempire le voragini lasciate dalla bestia con pensieri diversi, con immagini diverse, con emozioni cariche di dolcezza e far crescere nel mio deserto nuovi fiori e nuovi prati, là dove ora tutto è bruciato e arido, dove gli abbracci si sciolgono in lacrime di gioia.....dove il cuore riprende a battere un ritmo tranquillo e nelle vene tutto riprende a circolare e fluire senza scatti e blocchi.
***
§ Autore: Anit - 04/08/07 - commento a immag. # GH0029
Il Mare. "Complesso delle acque salate che coprono gran parte della superficie terrestre..." E' questa una definizione scientifica, ma quanto distante e fredda risulta essere rispetto a ciò che realmente rappresenta! Da bimba lo vivevo appieno, quale mondo magico del gioco, del divertimento, della vacanza, del poter vivere liberamente, senza condizionamenti, allo "Stato puro". Volgevo lo sguardo sulla distesa azzurra cercando di scoprire chissà quali segreti nascosti,o fantasticavo, affidandogli anch'io le mie prime confidenze, intrise di lacrime, di sogni e di progetti. Il Mare è il primo luogo a cui viene spontaneo pensare in tante svariate situazioni. Dopo un periodo in cui si sta male, il desiderio è di poter correre lungo la spiaggia, nel momento in cui il sole viene "avvolto dal mare e dal cielo", per respirare a pieni polmoni, tra il rumore ritmato del moto ondoso e della risacca...per sentirsi nuovamente vivi e liberi e riprendere, caricatissimi, il cammino della vita. O quando credi che la vita sia stata tanto crudele da voler urlare tutta la rabbia e la sofferenza, ma non puoi, allora si può correre contro le onde spumeggianti e gridare verso il cielo con quanto fiato si ha, chiamare per nome una persona, che sai già che non ti rsponderà più, ma che sentirà e, attraverso "l'acqua", potrà continuare a trasmettere la forza della vita.
Anit.
***
§ Autore: Luiss - 25/07/07 - commento a immag. # GH0019
sfinimento..
In una spiaggia deserta
tra cielo e mare
sola,
nuda e indifesa
scrivo la mia solitudine
sulla sabbia bagnata,
poi, nell'oblio del sonno
mi rifugio
e aspetto un onda
che cancelli i brutti ricordi....
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§ Autore: Mi ritorni in mente 25/07/07
**C'era una volta***no nooo!*Ma che dico!!C'è ancora***si**si**basta un attimo***basta chiudere gli occhi eeee**c'è**è ancora lì***una cascata di stelle!***MA che dico,di stelle?**Si..si,ma..appartiene...un attimo...a..appartiene a un..come si chiama!!..Un.. si si..un glob..no..blob,..forse..è un blog..ma speciale..non se ne era mai visto uno simile!!!..Era ed è ,ancora,un blog incantato..ma,ritorniamo a un po' prima di allora e cioè a quando, in quel globo la vita sembrava scorrere serena ma,mai ci si fermava ad ascoltare o a gurdare dentro le cose..il tempo non bastava!!Fin da bambini si veniva educati così..era così e basta!..IL sole era lì,ma nessuno alzava lo sguardo a gurdare, dopo la pioggia arrivava l'arcobaleno con i suoi colori,ma nessuna stava a chiedere il perchè.."emozione"non veniva recitata dal vocabolario!!Si viveva così ma,un giorno....brutto?Non saprei dire..il sole decise di dormire un po' di più...eee....che scompiglio! "ai","scusa","oi",Perdonami, ti ho fatto male?"..Per la prima volta si prestava attenzione all'altro..tutto,intorno,era buio..non ci si vedeva al di là del proprio naso ma,c'era,dentro,una fievole luce che dava quel senso di tepore..arrivò,per la prima volta,l'emozione che venne subito acchiappata e conservata sul vocabolario per non dimenticare...e,lo sguardo di tutti si volse,allora,verso l'alto,verso colui che ,nel dormire non regalava più nè albe e tramonti.Fu proprio allora che un bimbo con il suo cagnolino incominciò a percorrere la stradina che portava alla cascata di stelle e,come presi per mano,tutti tutti si trovarono vicini come mai avvolti dalla stessa luce.
..Stelle,stelle,stelle marine,alpine,piccole,grandi,brilli,sotto ,sopra..poi,come per magia...una di loro si avvicina di più,di più,e prende,lentamente,forma...Lì, davanti a tutte e tutti...il mago..alto,con la sua luce immensa..disegnò per terra:un giardino,una porticina di legno aperta,e lì,un faro,il mare,una barchetta con la sua vela...Via!!!Si gioca,tutti insieme...Si salta dentro,ognuno con se stesso e con gli altri.."porto l'emozione","La voglia di ascoltare","La voglia di vedere oltre"... vorrei che venisse il cagnolino, il gattino,...e, tutti ,volsero lo sguardo al "grande mago "che, con una sola immagine aveva dato "una piccola grande emozione"Ancora una volta aveva saputo dare,silenziosamente,una luce speciale...e il glob?...E' diventato blog...Grazie,Mago della cascata di stelle!!!
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§ Autore: Miriam - 14/07/07
In ogni stazione che si rispetti ci sono treni in arrivo e altri in partenza; fin qui niente di straordinario, solo che spesso percepiamo un'immagine adeguandola alla nostra realtà del momento. Un giorno ho trovato la foto di una stazione ferroviaria con un unico vagone in bella mostra e ho pensato: "Toh, un treno in arrivo, chissà da dove viene, chissà se è vuoto o pieno di passeggeri, se ci saranno più studenti o lavoratori; tutto ciò rappresenta forse la fine o la conclusione di un viaggio o di un percorso ben preciso!" Oggi, poco fa....mentre decidevo di inviare l'immagine a questo blog, mi sono resa conto di vederla con occhi diversi: "Treno in partenza", ovvero: inizio-avventura, viaggio/percorso, movimento/spostamento, dinamismo/evoluzione, chi più ne ha più ne metta! I viaggiatori sono in attesa, impazienti di partire per giungere ad un'altra destinazione. Pensando alla proposta del blog sento che oggi, differentemente dal giorno in cui l’avevo vista per la prima volta, come stato d'animo, l’immagine mi procura "Entusiasmo"; con la lettera maiuscola, perchè da sempre penso che ogni tappa della vita dovrebbe essere affrontata con entusiasmo e possibilmente col sorriso! Come carburante però, servirebbe, almeno ogni tanto, un bel pieno di gioia, amore, dolcezza, calore umano, tenerezza, sensibilità, attenzione agli altri non dimenticando di amare e stimare di più anche la nostra dura, ingombrante e impenetrabile corteccia umana. Ho un motto che mi accompagna da sempre "Tutto arriva a colui che sa aspettare" e me lo ripeto ogni volta che non vedo risultati o riscontri nel lavoro e nella vita di tutti i giorni, ma soprattutto quando ho la sensazione di "non farcela" o quando quello che per cui sto lottando sembra tempo perso e mi sento d'intralcio a qualcuno o a qualcosa. Quel pensiero mi aiuta a non mollare e ad andare avanti senza scappare. Quando poi riesco a vedere qualche risultato, sfioro il cielo con un dito e volo tra le nuvole e l'arcobaleno si veste di colori ancora più belli e brillanti. Ciao Ghost e ..a presto.
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