parole e immagini



Fin da bambini abbiamo imparato o meglio avremmo dovuto imparare, a sviluppare una delle facoltà di giudizio apparentemente più semplici e ad emettere con sufficiente sicurezza la sentenza: « Mi piace - Non mi piace ».

Ben altre difficoltà comporta esprimere un giudizio di “ bello – non bello ” per le implicazioni di ordine estetico-filosofico-culturali insite nella valutazione del “bello” come “intrinseco-oggettivo-soggettivo.”

L’empatia è un’altra facoltà primordiale ereditata alla nascita ma quante persone possono dichiarare di averla nutrita abbastanza da svilupparla fino a “ viverla pienamente” nei rapporti quotidiani?

Dell’esattezza o meno di un nostro giudizio empatico si può trovare conferma solo nella sincerità di chi abbiamo davanti o un flebile riscontro nel suo comportamento reale (non filtrato da una nostra interpretazione). Se l’empatia non è matematica, se le conclusioni non sono certe, se può lasciare dubbi o procurarne nuovi, si può affermare che serva a qualcosa? Il ‘quanto serve’ è direttamente proporzionale a due fattori:

1. quanto ci interessa sviluppare e arricchire le nostre capacità di interrelazione nei rapporti interpersonali.
2. quanto ci interessano ‘gli altri’

Per saperne di più, per utilizzare le immagini come esercizio e dare una mano agli ‘”altri” lavorando su se stessi, percorrete il sentiero verso il faro, salite sulla barca e seguitemi.

Se preferite semplicemente navigare nel mare dei colori, siete e sarete comunque benvenuti.


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Ombre Luci Sfumature




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mercoledì 16 maggio 2007

§ Clear Nuance Blog - Commenti fuor di Post



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2 commenti:

  1. Rif immag 0047.
    Uno studio pubblicato dalla studiosa Sandra P. Thomas nel 1993, analizza a fondo la questione della rabbia al femminile. La credenza che le donne abbiano una tendenza fisiologica a respingere e ignorare la propria rabbia è dovuta, secondo questa tesi, alla scarsa diffusione di studi specifici sull’argomento. Per scoperchiare la pentola a pressione che racchiude e soffoca la rabbia delle donne, bisogna indagare al di là dei cromosomi.
    La donna non si trova nelle condizioni di poter manifestare liberamente la sua rabbia.
    Ha l’obbligo di piacere. Deve essere non solo bella ma anche buona. Il suo comportamento non deve essere sgradevole o fastidioso, non può denunciare l’esistenza di disagi e conflitti. Il compito del gentil sesso è quello di abbellire il mondo, non di cambiarlo.
    La rabbia femminile è ammessa solamente quando sostiene e difende deboli o bambini. In queste occasioni infatti l’emozione perde le sue connotazioni egoistiche, tanto antiestetiche e poco femminili. La madre che tira fuori gli artigli per difendere la prole è una fiera e nobile tigre, la donna che alza la voce per difendere i suoi diritti è una gallina starnazzante.
    Il messaggio è forte e chiaro: non c’è via di scampo.
    La donna deve essere competitiva e realizzata nel lavoro, nonostante la disoccupazione. E allo stesso tempo deve essere una brava madre, perché la natalità è in calo, scegliendo per la gravidanza i tempi giusti, perché dopo i quaranta rischia di essere troppo vecchia. E come se non bastasse, si pretende il sorriso, il buon umore, l’allegria.
    Una vera donna ha sempre il sorriso sulle labbra, sa comunicare, sa farsi apprezzare, è sicura di sé e in grado di difendersi. Piagnucolare è vietato.
    Timidezze, complessi, insicurezze, tutto un bagaglio di eventualità inevitabili che sempre sono esistite e sempre esisteranno, non sono più permesse. Bisogna raggiungere la Salute, un perfetto equilibrio psicofisico composto da una psiche muscolosa in un corpo intelligente. Bisogna crescere, maturare, inseguire di corsa un miraggio irraggiungibile e splendente di forza e di bellezza, ma anche di stupido consumismo.
    Tutto questo genera una quantità consistente di rabbia. Purtroppo, rifiutare valori condivisi e massicciamente propagandati non è facile. Di conseguenza, questo sentimento non viene riconosciuto o non viene accettato, e provoca malesseri più o meno gravi. Può anche semplicemente trasformarsi in lacrime, tristezza, avvilimento. Non è facile riconoscerla dietro i sintomi della depressione o di altri disturbi. Eppure spesso si tratta di rabbia, resa socialmente accettabile.
    La rabbia c’è, anche se non si vede.
    Antonella, PG

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  2. Abbracciare con lo sguardo
    il vasto panorama che
    si estende dinnanzi
    ai nostri occhi di viaggiatori
    acrobati saltimbanchi

    Mai stanchi di cogliere
    l’incantesimo di colori
    ed emozioni sempre nuove
    andiamo e nello stesso istante
    ritroviamo un atomo chiedendoci
    che cosa sia la vita
    se non l’esaltazione d’un’azione svoltasi
    nel tempo e nello spazio oltre
    i confini onirici e…

    Hai mai notato che nell’esame
    o nel compito svolto ciò che
    t’appariva poco prima
    ha un altro volto
    e si è aperto un libro

    Intonse quelle pagine,
    non l’avevamo neppure notato,
    se ne giaceva solo tra molti
    altri nella scansia nel ripiano in salotto

    Stracci di nubi in cielo
    apportatrici di pioggia o è il sole
    tuo compagno di viaggio

    parlo alla mia anima presente nel loco.

    I giocattoli stanno assumendo
    una posizione diversa da quella
    che avevi visto e nella soffitta
    o nella buia cantina un sorcio
    addormentato così semplicemente
    ma che credevi morto, navi ancorate
    nel porto, cisterne colme di vino
    tracannato e tolto.

    Molte cose si hanno da dover decifrare
    in questo mare che più azzurro
    non si crede possa esistere,
    in quelle onde tsunami.

    Orchestrali con i loro spartiti
    sui leggii hanno iniziato un concerto
    ma nessuno è presente e la corrente
    dei pensieri sale leggera e una bianca vela
    è indirizzata verso l’oceano della conoscenza.

    Arnaldo Cuccu - Cagliari

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