Il termine «immagine»
Il termine «immagine»
di Mauro P.
Il termine «immagine» deriva il suo vocabolario sia dalla lingua greca sia dalla lingua latina, che rimanda a sua volta a radici indoeuropee. Dal punto di vista dei sostantivi, troviamo innanzi tutto il lemma eikon (icona), nel senso di immagine, rappresentazione, dalla radice di weik-, che esprime l’idea di somiglianza. Nella lingua greca, da Omero in poi, eikon discende da un orizzonte di esperienze di tipo ottico e che si basano su una rappresentazione che si offre alla vista, strettamente connessa alla riproduzione verosimile di una realtà. Da eikon derivano un serie di termini che ne ampliano e rinfrescano i contenuti e che ne congiungono i significati con il concetto di idea, tanto a cuore ai dialoghi di Platone. Stiamo parlando dei derivati eidos e eidolon che più propriamente di eikon si riferiscono a rappresentazioni mentali oggetto di manifestazioni, apparizioni. Questo direttamente dalla radice eidos che significa «aspetto, forma» e che con eidolon si appropria di una nuova componente irreale, associata spesso all’idea di menzogna, «visione», semanticamente vicina a phantasma che di suo significa «far brillare» (dal verbo phaino). Nel latino i termini che si riferiscono all’immagine sono altrettanto vari e diversi di origine e formazione ma con in comune gli stessi intrecci semantici. Si parte con imago, di incerta etimologia, che sembra racchiudere in sé buona parte dei significati della parola «immagine». Ad imago sono spesso associati anche forma (“cornice-supporto” rigido in grado di accogliere una materia grezza) e figura (materia lavorata, con possibilità di modellamento). Rispetto al greco il latino mantiene un vocabolario poco sistematico: «Immagine, metafora, allegoria, enigma sono praticamente tutti ricondotti al procedimento più comune che consiste nel dire una cosa per significarne un’altra». E, di fatto, i termini fabula, fictio, figmentum, significatio, similitudo, figura, sono sotto molti aspetti sinonimi. Dal punto di vista delle nuove lingue latine da noi utilizzate è perciò la parola imago ad avere maggior credito nell’utilizzo del concetto di «immagine», grazie alla sua capacità di cogliere con “un sol colpo d’occhio” gli usi più prettamente specifici dei termini greci eikon (icona), eidolon (idolo), phantasma (fantasma). Il termine immagine, quindi, nella sua derivazione latina, è fin dall’antichità usato per definire molteplici espressioni conservando fin d’oggi quella caratteristica di genericità che tutt’ora la contraddistingue e che ancora mette in crisi i facili pensatori. A noi piace ricordare come pochi anni fa Jean-Jacques Wunenberger, nel suo Filosofia dell’immagine, mettendosi a rischio con una definizione - anticipandone però la cautela al suo impiego -, preferisce chiamare convenzionalmente immagine «una rappresentazione concreta, sensibile (a titolo di riproduzione o copia) di un oggetto (modello referente), materiale (una sedia) o concettuale (un numero astratto), presente o assente dal punto di vista percettivo, e che intrattiene un tale legame col suo referente da poterlo rappresentare a tutti gli effetti e consentirne così il riconoscimento e l’identificazione tramite il pensiero». Ci teniamo a precisare che tale definizione è assolutamente erronea perché, come lo stesso autore suggerisce, rischia di «suscitare una fiducia eccessiva e prematura nell’unità della categoria che ha nome immagine», ma aiuta a postulare le inclinazioni a cui l’immagine ha preso parte per molto tempo, almeno per tutta l’epoca moderna.
Un saluto da Mauro P
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