parole e immagini



Fin da bambini abbiamo imparato o meglio avremmo dovuto imparare, a sviluppare una delle facoltà di giudizio apparentemente più semplici e ad emettere con sufficiente sicurezza la sentenza: « Mi piace - Non mi piace ».

Ben altre difficoltà comporta esprimere un giudizio di “ bello – non bello ” per le implicazioni di ordine estetico-filosofico-culturali insite nella valutazione del “bello” come “intrinseco-oggettivo-soggettivo.”

L’empatia è un’altra facoltà primordiale ereditata alla nascita ma quante persone possono dichiarare di averla nutrita abbastanza da svilupparla fino a “ viverla pienamente” nei rapporti quotidiani?

Dell’esattezza o meno di un nostro giudizio empatico si può trovare conferma solo nella sincerità di chi abbiamo davanti o un flebile riscontro nel suo comportamento reale (non filtrato da una nostra interpretazione). Se l’empatia non è matematica, se le conclusioni non sono certe, se può lasciare dubbi o procurarne nuovi, si può affermare che serva a qualcosa? Il ‘quanto serve’ è direttamente proporzionale a due fattori:

1. quanto ci interessa sviluppare e arricchire le nostre capacità di interrelazione nei rapporti interpersonali.
2. quanto ci interessano ‘gli altri’

Per saperne di più, per utilizzare le immagini come esercizio e dare una mano agli ‘”altri” lavorando su se stessi, percorrete il sentiero verso il faro, salite sulla barca e seguitemi.

Se preferite semplicemente navigare nel mare dei colori, siete e sarete comunque benvenuti.


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Ombre Luci Sfumature




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Ghost

sabato 2 febbraio 2008

# GH0161 Una Cartolina da...

gh_0161

Spiegel dedica il commento a chi... è troppo severo con se stesso.


Esperimento.




1) Mettete in una gabbia cinque scimmie. Nella gabbia appendete una banana con uno spago e mettete una scala sotto di essa. Non passerà molto tempo e una scimmia si avvicinerà alla scala per arrampicarsi verso la banana. Appena tocca la scala, innaffiate tutte le scimmie con acqua gelata.
Dopo un po', un'altra scimmia farà un altro tentativo e scatenerà la stessa reazione: tutte le scimmie saranno innaffiate d'acqua gelata. Questo andrà avanti per un certo numero di tentativi ulteriori. Ben presto, se una scimmia cercherà di arrampicarsi, tutte le altre glielo impediranno.

2) Ora, estraete una scimmia dalla gabbia e sostituitela con una nuova. Questa vede la banana e cerca di arrampicarsi su per la scala. Con sua sorpresa, tutte le altre l'attaccheranno. Dopo un successivo tentativo e attacco, questa saprà che, se cercherà di salire la scala, prenderà botte dalle compagne.

3) Nella fase successiva estraete un'altra delle cinque scimmie originali e sostituitela con una nuova. Questa cerca di avvicinarsi alla scala ed è coperta di botte. La scimmia che è stata introdotta precedentemente prende parte al pestaggio con entusiasmo.

4) Ancora, rimpiazzate una terza scimmia del gruppo di origine con una nuova. Anch'essa fa per avvicinarsi alla scala e riceve la sua lezione. Due delle quatto scimmie che la menano non hanno idea del perché non è permesso salire sulla scala o perché stanno partecipando alla zuffa contro l'ultima arrivata.

5) Dopo aver sostituito anche la quarta e la quinta scimmia, tutte le scimmie che erano state innaffiate d'acqua gelida non sono più nella gabbia. Nonostante ciò nessuna scimmia adesso presente in essa o che sarà successivamente immessa si avvicinerà mai più alla scala.

Se le scimmie potessero parlare e voi gli chiedeste il perché, la risposta più probabile sarebbe: "Perché qui si è fatto così da sempre."

Se l'esperimento lo avete condotto voi, proprio voi avete creato una regola sociale, anche se il vostro scopo non era questo.

Quante regole ci sforziamo di rispettare solo perchè ...abbiamo sempre fatto così?


Spiegel

nota: l'esperimento è stato realmente effettuato presso la Cambridge University.

1 commento:

  1. Grazie per la storiella istruttiva ma, il mio senso di colpa non è dovuta a una consuetudine di comportamenti ma, ha origine lontane dovute a una educazione rigida...dove ai grandi sacrifici dei genitori, doveva corrispondere sempre un tuo impegno ma,sopratutto un risultato sempre al "massimo" delle tue possibilità...ecco perchè quel senso di inadeguatezza e di autocritica mi accompagna da...sempre!..vedi? riconosco e analizzo con chiarezza ma, non riesco a perdonarmi e ad accettarmi se non faccio sempre il "massimo" e, il mal di stomaco e altri fastidi sono una costante nella loro banalità...anche perchè i vent'anni con la loro energia sono un lontano ricordo...comunque faccio spesso dei tentativi per "liberarmi"ma, i risultati raggiunti non sono stati il "massimo"...ciao.

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